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La “tavola” di Dio non ha segnaposto predefiniti ma, tutti fratelli

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XXII Domenica Tempo Ordinario 

La “tavola” di Dio non ha segnaposto predefiniti ma, tutti fratelli

 (Geremia 38,4-6.8-10; Ebrei 12, 1-4; Luca 12, 49-53)

Ascoltiamo il Vangelo:

“Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti»”.

La tavola a cui Dio invita tutti, indifferentemente, non ha i segnaposto predefiniti. Perché, tutti fratelli, c’è posto per ognuno. L’importante non è il posto occupato ma che si condivida la stessa mensa. Noi siamo troppo presi dalle liturgie umane che creano gerarchie, primi e secondi, più meritevoli e immeritevoli. Alla tavola di Dio tutti siedono con pari dignità.

La parabola evangelica è un ulteriore invito ad essere umili. “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto”. L’umiltà è la base per ogni altezza. Si inizia sempre dal basso per costruire verso l’alto. Il cammino ascensionale deve essere progressivo e guadagnato con la fatica e le rinunce. Sorpassare gli altri non per presunte dignità, ma per meriti guadagnati sul campo. Posizionare sé stessi in “periferia” e non parcheggiarsi ai primi posti è saggezza comportamentale e sapienza relazionale. Se sarà necessario saremo chiamati ad ascendere e migrare in un posto più onorifico ma solo da chi ne ha l’autorità di decidere. I primi o secondi posti non vengono mai assegnati per dignità acquisite o per scelte preferenziali, ma solo per servizi da donare o per condizioni di responsabilità.

Gesù continua nel suo insegnamento introducendo un’altra sensibilità da esercitare qualora si partecipano degli inviti. “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio”. Tutto il contrario di quanto accade quando si stila la lista dei nostri invitati. Andiamo alla ricerca di chi merita il contraccambio. Di coloro con i quali siamo in ottimi rapporti. Si scartano coloro verso i quali crediamo di avanzare dei diritti. Coloro che a nostro modo di vedere non ci hanno a loro volta invitato in occasioni analoghe. Si fa della selezione unicamente riferendoci a criteri tipicamente umani, relazionali e convenzionali. La gratuità è completamente dimenticata, anzi, non considerata. Gesù invece focalizza l’attenzione proprio su questo. Ci invita ad invitare persone che non avranno mai la possibilità di ricambiare: “poveri, storpi, zoppi, ciechi” perché noi dovremmo ispirarci alla gratuità. 

Quando si dona si deve evitare di imprimere il mittente nel modo di dare. La conseguenza sarà che chi riceve non ha chi ringraziare. Non sa chi deve ringraziare. Questo donare gratuitamente profuma il donare della fragranza della gratuità assoluta. Chi riceve si sente libero. Non deve ringraziare nessuno. Gode appieno di ciò che ha ricevuto ed è libero, senza vincoli, neppure quelli della gratitudine. Anzi, la gratitudine la si dona a Dio che ha provveduto attraverso qualcuno che si è reso disponibile. La vera ricompensa la darà Dio che di sicuro è migliore, più buona, abbondante e gratificante. L’uomo ringrazia da uomo. Dio ringrazia da Dio.

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