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sabato, 9 Novembre 2024
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L’avete fatto a me. Dio nel povero, nel bisognoso

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Solennità di Cristo Re dell’universo 

L’avete fatto a me. Dio nel povero, nel bisognoso

 (Ezechiele 34,11-12.15-17; 1 Corinzi 15,20-26a.28; Matteo 25,31-46)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 
Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 
Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 
E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna»”.

Questo brano del vangelo è la password per il paradiso. Meglio ancora. L’espressione di Gesù: “Lo avete fatto a me”, è la promozione per l’esame finale e il lascia passare per essere introdotti e accolti in paradiso. Siamo avvisati. Al termine della nostra vita saremo interrogati non se abbiamo avuto fede. Se abbiamo praticato la speranza, ma, unicamente, se avremo testimoniato, incarnato l’amore mostrando attenzione agli affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati. Insomma ai più poveri, soli e comunque bisognosi. Una folla di persone e di categorie da frequentare, da incontrare soccorrere per risultare graditi a Dio. “Lo avete fatto a me”. Ogni gesto: un bicchiere di acqua fresca donata con amore, una carezza partecipata per solidarietà, un abbraccio donato per solidarietà, un’ospitalità offerta a chi necessitava d’accoglienza, una visita ad un malato o ad un carcerato, sarà considerato fatto a Dio stesso. Dietro il povero, nel povero, nel malato, carcerato, nudo affamato assetato, si nasconde Dio stesso.

Agire per amore e con amore nei confronti degli altri perché in essi vediamo l’immagine e la somiglianza di Dio ci garantisce di poter ascoltare a nostro favore: “ Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”. Non ci salverà il moralismo, le belle parole, le prediche forbite, i discorsi accattivanti. Ci salveranno i piccoli, nascosti, apparentemente insignificanti gesti concreti di amore donato, condiviso, partecipato. Dio non ha bisogno di parole. Come non ne necessitano coloro che vivono nell’indigenza. Le parole non nutrono, non vestono, non dissetano, non guariscono, non visitano. Casomai le parole accompagnate, impreziosite dai gesti concreti, sì!

Dio è innamorato dell’uomo. Perché ogni uomo è sua creatura, suo figli. Per ogni uomo, Dio è morto sulla croce. Dell’uomo, a Dio, interessa ogni suo gemito, ogni suo respiro, ogni suo passo. L’uomo agli occhi di Dio è preziosissimo. Tanto che lui si nasconde dietro all’ultimo degli uomini. I più poveri, soli e bisognosi. Preferibilmente non esclusivamente. Perché a Dio stanno a cuore anche i ricchi, i felici, coloro che godono ottima salute, che stanno bene. Ma è nei poveri che lui trova la collocazione più giusta, più evidente. I poveri sono tanto poveri che credono d’essere orfani anche di Dio, ma non è così. I ricchi, sono tanto poveri perché si accontentano solo della loro ricchezza. Di un uomo libero come san Francesco che, da ricco si è spogliato di tutto dinanzi al padre Bernardone, san Bonaventura, suo biografo dice: ”Nessun uomo ha amato tanto amato la ricchezza quanto Francesco la sua povertà”.

Le bilance di Dio non sono tarate sul male, sul peccato, ma sul bene. Alla fine ci sarà chiesto conto non del male commesso, Dio lo dimentica. Lo sprofonda nel mare dice il profeta. Ma ci chiede conto del bene fatto. Dio in noi non vede le montagne di male, ma la briciola di bene. La scintilla di bene e la fa diventare un incendio. L’eternità che Dio ci offre non è essere seppelliti dal male ma affascinata, attratti, in compagnia del bene. Lui valorizza i nostri gesti di bontà e non ci rimprovera o punisce per quelli che, forse per debolezza, negligenza, mancanza di forza, abbiamo commesso.

“Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (san Giovanni della Croce). L’amore non si vive chiusi in sé stessi e per sé stessi. Per amare occorre approcciarsi. Relazionarsi. Il vangelo ci indica chi dobbiamo preferire, ricordandoci che si ama gratuitamente. E nulla è di più gratuito che amare coloro che necessitano e che, essendo poveri, di pane, acqua salute, compagnia, non hanno da ricompensarci. Perché si ama gratuitamente. Sempre.

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