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giovedì, 12 Dicembre 2024
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L’arte di rabboccare con supplementi di fiducia i momenti duri della vita

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario 

L’arte di rabboccare con supplementi di fiducia i momenti duri della vita

 (Sapienza 6, 12-16; Salmo 62; Tessalonicesi 4, 13-18; Matteo 25, 1-13)

Ascoltiamo il Vangelo: 

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono.
A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”.
Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora»”.

Dietro e dentro le parabole che Gesù pronunciava c’era sempre un insegnamento. Il suo era un modo di parlare popolare. Raggiungeva tutti e lo comprendevano tutto. D’altronde a che serve a parlare se l’ascoltatore deve fare fatica a comprendere? Diventerebbe solo spocchiosa esposizione del sapere. Ostentazione. Gesù invece cerca di comunicare. Di mettersi in contatto, in dialogo con chi lo ascolta. Per fare questo usa il linguaggio semplice della parabola. Come raccontare aneddoti.

Questa volta paragona il regno di Dio a delle fiammelle custodite da alcune vergini che debbono partecipare ad un matrimonio. Accade che cinque di esse si procurarono l’olio di scorta a differenza di altre cinque che ne presero la quantità ritenuta sufficiente. Siccome lo sposo ritardava l’olio si è consumato, le une hanno chiesto l’aiuto delle altre. Al rifiuto ottenuto hanno dovuto supplire con l’andare a comprarne dell’altro. Questo determina il ritardo per l’arrivo dello sposo. Quelle che avevano l’olio di riserva entrano a far festa, le altre rimangono fuori e, al loro insistere per entrare, ricevono una risposta scioccante: “Non vi conosco”. Il vangelo si conclude con una esortazione: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.

Nelle nostre fragili mani è posto il regno di Dio rappresentato dalle lampade. Noi dobbiamo cercare di alimentare quotidianamente il suo diffondersi. Dobbiamo procurarci l’olio, la forza di Dio, per alimentare le lampade. In cosa consiste quest’olio? Certamente è la grazia di Dio, ma anche le nostre forze che da essa vengono benedette, amplificate. Il riferimento delle cinque ragazze che lasciano a casa il loro olio sono un simbolo che racconta anche le nostre negligenze. Quante risorse abbiamo e le risparmiamo. Non le mettiamo a disposizione. Ci accontentiamo del minimo volendo ottenere il massimo.

Occorre essere pronti ai contrattempi. Al buio. Alle strettoie. Al cammino in salita. Quando necessita un supplemento di forza, di coraggio e di speranza, dobbiamo essere preparati a non tirarci indietro. Ad essere puntualmente coinvolti in ogni situazione anche emergenziale. Dobbiamo cercare in noi stessi e nella grazia di Dio quel “rabbocco d’olio” che necessita per non far spegnere le lampade dell’attesa, dell’imprevisto.

Non dobbiamo ingrassare le fila di coloro che vivono alla giornata. Che si accontentano di timbrare il cartellino dell’abitudine. Del così siamo abituati a fare come la vita fosse una ciclica inevitabile ripetizione di abitudini consolidate. Ogni giorno, ogni attimo sono portatori di novità. Di speranze nuove, di successi da raggiungere, di incontri da vivere. Imparare a lasciarci stupire dagli imprevisti ed essere pronti ad affrontarli con un supplemento di pazienza. In questo consiste vivere allertati per accogliere le sorprese della vita. Non sconfitti, ma indomiti, attendisti. Ogni attimo della vita può essere gravido di sorprese favolose o di prove particolari. Se avremo con noi l’olio della certezza che in ogni singolo attimo si nasconde la grandezza di Dio, saremo pronti ad accoglierlo. Se ci lasceremo narcotizzare dalla smania che tutto accade come diciamo noi. Che ogni cosa è quasi fatalisticamente scritta nei minuti dei nostri giorni. Capiterà anche a noi che quando ci accorgeremo d’aver commesso degli errori nel non aver saputo attendere o, nel non essere stati capaci di lasciarci sorprendere dalle novità, chiederemo di riparare, ma ci sarà detto che è tardi. E resteremo fuori dai fatti importanti della nostra vita. Saremo inutili spettatori e non protagonisti. Oltretutto esclusi.

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