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sabato, 27 Luglio 2024
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Raccontare testimonialmente al mondo chi è Gesù per me

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 XXIV Domenica Tempo Ordinario -B

Raccontare testimonialmente al mondo chi è Gesù per me

 (Isaia 50, 5-9; Giacomo 2,14-18; Marco 8,27-35)

Ascoltiamo il Vangelo:

“In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà»”.

Anche Gesù sembra che soffra della mancanza di autostima. Chiede ai suoi amici cosa pensa la gente di lui. Non ha fame e sete di conoscere il pensiero degli altri perché teme il giudizio, ma lo fa solo perché vuole suscitare, occasionare, una riflessione da parte di coloro che da molto lo seguono. Anch’essi non hanno ancora le idee chiare. Si sono trovati a seguirlo perché da lui invitati ma stanno imparando a conoscerlo. E lui si comporta in modo strano: guarisce malati, si ritira a pregare, scaccia i demoni, non ha paura di accostarsi ai peccatori, frequenta perfino le loro case e le loro mense. Non ci capiscono nulla. A questo si aggiunga che fa miracoli particolari: moltiplica i pani e i pesci, trasforma l’acqua in vino, risuscita Lazzaro. Ma insomma chi è davvero Gesù?

I discepoli alla sua domanda rispondono riportando le opinioni della gente, il sentore di quanto sono riusciti ad appurare, ma, benchè lusinghiero il giudizio riportato, è monco del racconto dell’esperienza personale di ciascuno di essi. Troppe nebbie. Troppe incertezze. Troppa confusione. Gesù li mette spalle al muro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Solo allora, uno di essi, Pietro afferma:” Tu sei il Cristo”. L’Unto, l’Inviato di Dio, il Messia atteso. Risposta “tecnicamente” perfetta. Ma di lì a poco, quando Gesù dirà che l’Unto, l’Inviato di Dio, il Messia deve essere scartato, ucciso, lo stesso Pietro, con eccesso di affetto, lo rimprovera perché non vuole che faccia questa fine ingloriosa e perdente. Gesù per tutta risposta, non lo ringrazia, commosso per tanta accortezza ed affetto, addirittura, gli intima di allontanarsi. Perché?

Evidentemente la risposta di Pietro su chi fosse Gesù è stata solo “tecnica”, ma non da lui esperita. Da qui si capisce che noi, quando raccontiamo Dio nella nostra vita, non lo dobbiamo fare da manuale teologico, da estratto catechistico, quanto piuttosto occorre testimoniare ciò che passa nella nostra vita nel rapporto con Cristo. Come la nostra fede è fatta di lotte, di scelte, di cadute, di morti e di risurrezioni. Dobbiamo leggere nella nostra storia come ci relazioniamo con lui. Forse raccoglieremo solo brandelli di fede, solo briciole di verità, ma sarà un racconto personale autobiografico e non generico benché ineccepibile, perfetto. Meglio una fede imperfetta, ferita, lacerata, bisbigliata, ma nostra e non quella spavalda e perfetta da manuale. 

C’è un modo, tra gli altri, che Gesù preferisce: quello dei gesti, delle scelte silenziose e sofferte e non delle parole vuote e rituali. Rinnegare se stessi, prendere la croce, seguire, perdere la vita per causa sua e del vangelo questa è la risposta più pertinente e credibile che si possa dare. Non è cattedratica ma esperienziale, discepolare. Proprio come ha fatto lui benché Unto, Inviato e Messia, si è consegnato alla morte per salvarci. Ha offerto la sua vita per la nostra. La forza della sconfitta, l’energia della debolezza, meraviglia del dono. 

Parrocchia San Timoteo
Parrocchia San Timoteohttps://www.santimoteotermoli.it/wp
La Parrocchia di San Timoteo di Termoli fu costituita da Mons. Oddo Bernacchia, con bolla 1/1/1954. La Chiesa di San Timoteo di Termoli è una struttura neogotica con una sola navata, e fu costruita su progetto dell’ing. Ugo Sciarretta. Unica nel suo genere vanta il prestigio d'essere una delle prime chiese costruite in cemento armato senza colonne centrali per questo ha meritato d'essere citata anche nei libri di storia dell'arte. Il vescovo Mon. Oddo Bernacchia avendo dato questo titolo alla neo parrocchia lo fece con l'intendo" di rendere omaggio al diletto discepolo di Paolo, San Timoteo il cui venerato corpo tornava alla luce, nella nostra Cattedrale, nel maggio del 1945 per u na fortuita circostanza.... "La chiesa ad una sola navata si dispiega ampia e solenne; con le pareti solcate dda strutture portanti che accennano ad uno stile leggermente gotico, invita ad elevare lo spirito a Dio nello slancio della preghiera (Mons. Biagio D'Agostino, Termoli e la sua Diocesi, 1978, p.179).
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